Il sussurro

«Quando, terminata la cena, tornarono in salotto ad ammirare la radio, il Signor Crowther si diede da fare girando le manopole. Frances nutriva qualche dubbio su quell’apparecchio. Mentre si aggiustava le cuffie alle orecchie si sentiva vagamente ridicola, e per alcuni, deludenti secondi poté udire solo una specie di rantolo prolungato. Ma poi, finalmente, i sibili e crepitii si trasformarono in una voce, e allora sì, fu una cosa eccitante, misteriosa, riconoscere Shakespeare e sapere che le parole, dopo avere attraversato chilometri e chilometri di spazio vuoto, arrivavano direttamente al suo orecchio, come un sussurro di Dio. In un certo senso, però, era ancora più strano togliersi le cuffie e rendersi conto che quel sussurro stava continuando, pensare che sarebbe andato avanti, immutato nel suo fervore, indipendentemente dal fatto che qualcuno lo ascoltasse o meno.»

Sarah Waters, Gli ospiti paganti, 2014 >>