Radar in nuce

Entro il 1938 il Regno Unito attrezza con impianti radar le sue più importanti navi da guerra e costruisce a terra una catena di stazioni radar per l’avvistamento di aerei, a protezione dell’estuario del Tamigi. Più o meno nello stesso periodo l’ingegnere Ugo Tiberio (1904-1980) pone le basi per il radar italiano, che però vede la luce solo a guerra inoltrata.
Tiberio aveva ricevuto l’incarico dal colonnello Luigi Sacco, contattato da GM nel 1933 allo scopo di realizzare il radar. A tale progetto GM pensava da almeno un decennio, come testimonia un passo della conferenza da lui tenuta a New York nel 1922 presso il Radio Institute of Electrical Engineers. In essa si affrontano vari argomenti tecnici e in particolare la novità delle onde corte.
«Prima di concludere vorrei accennare a un’altra possibile applicazione di queste onde che, se avesse successo, potrebbe essere di grande aiuto per i naviganti. Come venne mostrato per la prima volta da Hertz, le onde elettriche possono essere completamente riflesse da corpi conduttori. In qualcuna delle mie prove avevo notato gli effetti della riflessione e della deflessione di queste onde da parte di oggetti metallici posti a miglia di distanza. Mi sembra che sarebbe possibile progettare apparati per mezzo dei quali una nave potrebbe irraggiare o proiettare un fascio divergente di questi raggi in ogni direzione desiderata. Questi raggi, qualora incontrassero un oggetto metallico, per esempio un altro piroscafo o un’altra nave, potrebbero essere riflessi indietro a un ricevitore, schermato dal trasmettitore locale, posto sulla stessa nave dove è installato il trasmettitore e rivelare allora immediatamente la presenza e il rilevamento dell’altra nave, e questo anche in caso di nebbia o scarsa visibilità. Un altro grande vantaggio di un tale apparato sarebbe il seguente. Esso sarebbe in grado di dare un avvertimento della presenza e del rilevamento di navi, anche nel caso in cui queste navi fossero sprovviste di ogni tipo di radio.»