Eri speciale. Lo sappiamo.
Eri speciale per la genialità con cui facevi le cose, per la passione e l’entusiasmo che ci mettevi. Perché eri il primo ad emozionarti dei tuoi stessi risultati, e perché ti divertivi.
Sono doni che la vita ti morde via crescendo, ma tu li avevi difesi. Te ne sei andato troppo presto, te ne sei andato bambino.
Condividevamo la passione per l’altro mondo, quello sotto la superficie.
A casa ho delle cose che mi avevi regalato, cose di quando la subacquea non era per tutti. Ultimo, uno strano coltello della Technisub. Mai usato, lo trovavi scomodo.
A me era piaciuto e lo tengo nello zaino del mare. Qualche giorno fa in spiaggia ci tagliavo il pane per fare i panini e pensavo a te all’ospedale. Mi illudevo che al rientro avrei potuto raccontarti di cernie e barracuda, gorgonie e nudibranchi.
Continuerò a usarlo quel coltello, ad affettarci il pane, ad aprirci i ricci, a tagliare sagole. E ogni volta ricorderò i tuoi occhi birichini e il tuo sorriso sotto i baffi quando, pipa in mano, mi salutavi facendo il verso al mio accento romagnolo “Dì, burdêl, vieni oltre…”. Quello era riminese, Maurizio, io invece sono della bassa, il mio dialetto è diverso. Persino tu a volte sbagliavi.
Ciao Maurizio, ci rivedremo un giorno, laggiù dove tutto si scioglie, per l’ultima immersione.
Nel frattempo, occhio alla deco e lascia stare il corallo.
Alberto Barisani