Il meteo e il caos

«Nel 1950 occorrevano ventiquattr’ore al primo computer ENIAC per simulare ventiquattr’ore di previsioni del tempo, e si trattava di una stupefacente impresa di calcolo avveniristico. Nel 2008 quello stesso calcolo veniva replicato su un telefono cellulare Nokia 6300 in meno di un secondo. Oggi le previsioni meteorologiche non sono solo più veloci, ma anche più precise e di più lungo periodo. Nel 2010 una tipica previsione su cinque giorni era precisa quanto una previsione su tre giorni del 1986. Si è tentati di immaginare che le predizioni continueranno a migliorare man mano che aumenta la nostra capacità di raccogliere dati; alla fine non saremo in grado di simulare con estrema precisione l’intera atmosfera terrestre in un grande insieme di server ospitati nella sede centrale del Canale Meteo? In tal caso, se volessimo sapere che tempo farà il mese prossimo, ci basterebbe far procedere per un po’ la simulazione.
Non andrà così. L’energia presente nell’atmosfera si diffonde in maniera estremamente disordinata e rapida dalle scale di grandezza più minute alle più globali, con la conseguenza che persino un cambiamento impercettibile in un luogo e in un momento determinati può produrre un esito enormemente diverso ad appena pochi giorni di distanza. Il tempo meteorologico è, nel senso tecnico del termine, caotico. Anzi, fu proprio nello studio numerico delle previsioni meteo che Edward Lorenz individuò il concetto di caos. “Un meteorologo osservò che se la teoria era corretta, allora il colpo d’ala di un gabbiano sarebbe stato sufficiente ad alterare il corso delle condizioni del tempo per sempre. La controversia non è stata ancora appianata – scrive Lorenz nel 1963 -, ma gli indizi più recenti sembrano dare ragione al gabbiano”.
C’è un limite invalicabile sull’anticipo con cui possiamo prevedere che tempo farà, indipendentemente dalla quantità di dati che raccogliamo. Lorenz pensava che fosse all’incirca di due settimane e da allora gli sforzi concentrati dei meteorologi mondiali non ci hanno dato motivo di dubitare della giustezza di quel confine.»

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