Nulla

«Newton stesso, credo, vide qualcosa di tutto questo in quella strana estate del 1693. La storia la sai: un mattino presto un cagnetto di nome Diamante rovesciò una candela nell’alloggio di Newton, a Cambridge, causando un incendio che gli distrusse un fascio di carte, e questa perdita fece vacillare la sua mente. Tutte stupidaggini, ovvio, anche il cane è un’invenzione, eppure mi sorprendo a immaginarlo, un personaggio pubblico di cinquant’anni, in piedi, scioccato in mezzo al fumo e alla fuliggine che vola, con il cagnolino bruciacchiato stretto tra le braccia. La cosa assurda è che non sarà la perdita delle preziose carte a renderlo temporaneamente pazzo, ma il semplice fatto che non gliene importa. Potrebbe essere andato perduto il lavoro di tutta una vita, i Principia stessi, l’Ottica, baracca e burattini, e pur tuttavia non significherebbe niente. Ha le lacrime agli occhi, il cane gliele lecca dal mento. Un collega arriva di corsa, le falde della camicia fuori dai calzoni. Il grande uomo viene spinto nel corridoio, bianco per lo shock e rigido nella camminata come se trascinasse una gamba di legno. Qualcuno riesce a soffocare le fiamme. Qualcun altro chiede cosa è andato perso. La bocca di Newton si apre e una parola casca fuori come un sasso: Nulla. Nota i particolari, la luce del primo mattino che entra dalla finestra, il piede con le unghie ingiallite del suo salvatore, il nero vellutato della carta bruciata. Sorride. I suoi colleghi si guardano.
Non c’era bisogno di una candela, erano già cenere. Perché altrimenti si sarebbe dato a decifrare la Genesi e l’alchimia? Perché avrebbe affermato più e più volte che la scienza gli era costata troppo cara, che se gli avessero dato la sua vita da rivivere non avrebbe voluto avere niente a che fare con la fisica? Non era modestia, nessuno poteva accusarlo di questo. Il fuoco, o quale che fosse stata la vera conflagrazione, gli aveva mostrato qualcosa di terribile e bello, come la stessa fiamma. Nulla. La parola manda riverberi. Lui si sofferma su di essa come su un emblema magico di cui non può essere vista l’altra faccia, che pure esiste in un mondo pieno di significato. Poiché il nulla significa automaticamente il tutto. Non sa che cosa fare, cosa pensare. Non sa più come vivere.»

John Banville, La lettera di Newton, 1982 >>