Prima radiotrasmissione transatlantica

«Quanti dubitarono che nell’isola di Terranova Marconi avesse potuto raccogliere un segnale trasmesso da Poldhu in Cornovaglia, a 3400 chilometri, su un’onda della lunghezza di 1800 metri, non avevano tutti i torti. A suo dire i tre punti della lettera “S” ricevuti ripetutamente per un paio di giorni erano chiarissimi, ma molto deboli; infatti furono uditi in cuffia, utilizzando il sensibilissimo coherer a goccia di mercurio costruito alla Spezia nei laboratori della Regia Marina.
Quanto all’antenna, essa era rappresentata da un conduttore di 120 metri di lunghezza appeso ad un cervo volante. La cosa più verosimile è che l’incredibile ricezione sia avvenuta su un’armonica di quella che potremo definire la lunghezza nominale dell’onda trasmessa da Poldhu, che era, come si è detto, di 1800 metri.
La quarta armonica era infatti un’onda di 450 metri, nella banda cioè delle onde medie, e l’altezza dell’antenna, che il vento faceva variare rendendo discontinua la ricezione, era poco lontano dal quarto di tale lunghezza che, in cifra tonda, era di 112 metri.
La stazione di Poldhu irradiava una potenza di poco meno do 10 KW, dei quali, evidentemente, solo una piccola parte interessava la quarta armonica.
Marconi esultò del successo, che escludeva la curvatura della Terra come ostacolo insormontabile per le trasmissioni a grandi distanze. Ma la sua fretta di tentare nuovamente la prova a bordo di un transatlantico in navigazione, ricevendo anche su una stampante Morse per avere un documento tangibile dei suoi risultati, fa pensare che egli, in pochi minuti, avesse capito quello che noi abbiamo capito in poco tempo di un secolo. Infatti, per quel debole segnale ricevuto in cuffia, poté essere sufficiente una potenza inferiore a 1 mW; ma per chiudere il servo-relais di una stampante Morse di mW ne occorrevano molte centinaia.
La disponibilità di tale potenza era possibile modificando la gigantesca e complicata antenna di Poldhu. Come si può, con filtri, ridurre e quasi annullare la potenza dispersa in un’armonica, così, con collegamenti e componenti analoghi ma di effetto opposto, si può esaltare la potenza irradiata su un’armonica, che diventa in effetti la nuova lunghezza d’onda della stazione trasmittente.
Marconi deve avere dato subito disposizioni perché i suoi validissimi collaboratori di Poldhu, e in particolare l’ing. Woodward, cominciassero una serie di prove, modificando collegamenti e componenti dell’antenna.
Lui stesso affrettò al massimo il ritorno in Inghilterra. Le ricezioni a S. Giovanni di Terranova erano avvenute il 12 e 13 dicembre 1901. La notizia del riuscito esperimento, che aveva lasciato abbastanza freddi gli specialisti europei e freddissimi quelli bolognesi, aveva invece suscitato un enorme entusiasmo in Canada e negli States. Marconi cercò di sottrarsi alla maggior parte dell’innumerevole inviti, per raggiungere al più presto New York, dove però, il 13 gennaio, non poté non partecipare all’imponente banchetto offerto in suo onore al Waldorf Astoria dell’AIEE. Ma, superati i festeggiamenti, s’imbarcò sul nuovissimo transatlantico inglese Teutonic e rimase chiuso nella sua cabina, senza voler parlare con nessuno, per tutti i dieci giorni della traversata. Entro lo stesso mese del gennaio 1902 era già a Londra, dove aveva preso alloggio con sua madre in un piccolo albergo di cui conoscevano l’indirizzo solo i suoi stretti collaboratori.
Dalla biografia scritta dal Marchese Solari si ha la testimonianza che, alla sua partenza da Londra per Liverpool la mattina del 15 novembre 1901, Marconi era teso e visibilmente in ansia, preoccupatissimo dell’enorme spesa che veniva sostenuta per quell’esperimento. Al suo ritorno, invece, Marconi apparì subito raggiante di gioia e pieno di fiducia.
La prova inconfutabile per il mondo intero era però quella che egli precipitosamente preparava a bordo del transatlantico americano Philadelphia. Su di esso, diretto a New York, Marconi salpò da Cherbourg il 22 febbraio, e subito si ebbero i più soddisfacenti risultati. Sulle zone della stampante Morse l’ufficiale di rotta segnava e siglava il punto della nave e l’ora, e il comandante della nave, capitano Milles, controfirmava. Si arrivò così a ricevere in modo chiarissimo fino a 2495 chilometri da Poldhu, e in modo meno chiaro fino a 3220 chilometri.
In quella crociera Marconi fece però un’altra importante scoperta. Il segnale era molto più forte durante la notte che durante il giorno. E questo è per noi un altro indizio che egli riceveva su un’onda media: diversamente questo effetto non sarebbe stato sensibile. Come si vede, le modifiche che devono essere state fatte all’antenna di Poldhu avevano dato risultati eccellenti. Esse si erano svolte indubbiamente controllando la ricezione su imbarcazioni che incrociavano a qualche decina e a qualche centinaio di miglia al largo della Cornovaglia, nella direzione di quella che sarebbe stata la rotta del Philadelphia. È quindi possibile che, grazie alla riduzione della lunghezza d’onda, si sia realizzata per tentativi, forse per la prima volta, anche una certa direzionalità della trasmissione. Era stato finalmente dissipato qualsiasi dubbio che quei primi segnali avessero veramente varcato l’Oceano dalla Cornovaglia a Terranova. E nel 1903 la casa editrice Zanichelli di Bologna pubblicò la prima edizione di un grosso volume (518 pagine) dal titolo La telegrafia senza filo: ne erano autori Augusto Righi e il suo assistente Bernardo Dessau, il quale riuscì ad aggiungere gli esperimenti fatti con la nave da guerra Carlo Alberto. Ma è molto verosimile che quel libro sia stato messo in cantiere subito dopo la notizia dei risultati ottenuti sul Philadelphia. Quanto alla prima crociera del Carlo Alberto, questo moderno incrociatore, con un gran pavese di antenne, aveva raggiunto Kronstadt, in Russia; e dopo che si ebbe la prova che le onde elettromagnetiche si potevano propagare anche al di sopra dei continenti, rientrò alla Spezia, dove Marconi sbarcò il 12 settembre 1902. Come si vede, in quei mesi cruciali, poco meno di cento anni fa, Marconi non aveva perduto nemmeno un giorno. Tutto questo ingigantì la sua popolarità e contribuì al rilancio della sua Compagnia, che aumentò il distacco dai concorrenti che incalzavano. È ben comprensibile, quindi, che Marconi desse la massima pubblicità ai risultati raggiunti, ma serbasse il più assoluto riserbo sul modo in cui era riuscito ad ottenere il successo.»

Giorgio Tabarroni
pubblicato in “Quaderni di Storia della Fisica”, n. 1, 1997 >>