Nell’anno in cui il trentacinquenne GM riceveva il premio Nobel per la Fisica, un ragazzo di 11 anni vedeva accettata la sua iscrizione alla prestigiosa Harvard University. Era il 1909 e William James Sidis (New York 1898 – Boston 1944) stava appunto guadagnandosi la qualifica di “bambino-prodigio”, per via del suo stratosferico QI, della capacità di padroneggiare decine di lingue nonché di una straordinaria propensione alla matematica. Decisamente più precoce del già precoce GM, Sidis non riuscì tuttavia a reggere l’incontro/scontro con il “mondo”. I suoi studi (in particolare matematica e astronomia) non produssero risultati pari alle attese e la sua vita adulta trascorse in una sorta di premeditato isolamento.
La vicenda di Sidis, recentemente riproposta da una biografia e da un romanzo, testimonia in maniera quasi paradigmatica il polimorfismo di una figura – lo scienziato/’uomo di genio – che da sempre suscita una stupita e a volte sconcertata ammirazione.