«Rupert inizia a parlare di una certa “Alice” e di un tal “Bob”, due persone, pare, che comunicano tra loro mentre si scambiano fotoni. Ben presto capiamo che si tratta di due scienziati immaginari: Alice sta qui nel suo laboratorio, mentre Bob si trova dall’altro lato del fiume.
Quando gli chiediamo perché chiami questi due proprio Alice e Bob, Rupert ci spiega che i nomi non sono una sua invenzione, ma che il loro utilizzo è nato all’interno della comunità dei crittografi, dove è estremamente importante che un messaggio scambiato tra due persone non possa venire letto o intercettato da terzi non autorizzati. Iniziamo subito a pensare a spie che operano in situazioni misteriose ed emozionanti, ma Rupert ci riporta con i piedi per terra. Oggi, spiega, la crittografia è usata in maniera capillare; quando, per esempio, ci colleghiamo a internet e trasmettiamo i dati della nostra carta di credito, queste informazioni vengono criptate in modo tale che nessun altro le possa leggere. “All’inizio” continua “le persone chiamavano il mittente e il destinatario del messaggio semplicemente “A” e “B”, ma un bel giorno qualcuno ha pensato che fosse meglio chiamarli “Alice” e “Bob”, di modo che parlare di loro diventasse più semplice”.»
Anton Zeilinger, La danza dei fotoni, 2010 >>