«Non credo che il teatro sia un mezzo adatto a trasmettere la scienza, credo invece che esso possa e debba concentrarsi sugli scienziati, sulle loro vicende, sull’entusiasmo della scoperta, sulle delusioni e sulle speranze. Insomma il teatro secondo me deve portare in primo piano ciò che vi è di profondamente umano nell’impresa scientifica, allora può avere esiti molto interessanti e può conquistare il pubblico il quale sente gli scienziati vicini a sé». Così si esprime Giuseppe O. Longo, che vanta una lunga famigliarità sia con la scienza che con il teatro e la letteratura.
Lo spettacolo europeo che, negli ultimi decenni, meglio ha soddisfatto i requisiti indicati da Longo è stato certamente Copenhagen di Michael Frayn, che debuttò a Londra nel 1998. La versione italiana, allestita dalla Compagnia Orsini diciotto anni fa e riproposta nella presente stagione, si avvale dell’interpretazione di Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice.